Degrado e liberalizzazione degli insediamenti commerciali.

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Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte ci fornisce un interessante punto di vista in merito alla relazione tra “degrado” e “limitazione della libertà di esercizio commerciale” (T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, 22/01/2019, n. 67), allorquando ha precisato che: “il processo interno di liberalizzazione delle attività economiche perseguito attraverso il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, di recepimento della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno – c.d. ‘Direttiva Bolkestein’, sebbene muova nella direzione di un più ampio riconoscimento del diritto di iniziativa economica e della contestuale riduzione dei possibili limiti al suo esercizio, nondimeno legittima tuttora la previsione di limiti in funzione del perseguimento di ulteriori e diverse finalità di interesse generale, imponendo che le contrapposte esigenze siano bilanciate secondo i limiti della proporzionalità, della ragionevolezza e del minimo mezzo. Di conseguenza, l’amministrazione comunale, allorché è chiamata dall’art. 14, comma 1 bis, del D.P.R. n. 380 del 2001, a valutare la sussistenza di un interesse pubblico al rilascio di un permesso di costruire in deroga alle previsioni dello strumento urbanistico, è certamente legittimata a prendere in considerazione interessi pubblici attinenti alla pianificazione urbanistica e all’ambiente urbano. Le valutazioni espresse nel caso di specie dal Consiglio Comunale, circa l’assenza di degrado e l’interferenza con la viabilità esistente, la volontà di rivitalizzare il tessuto urbano e l’adesione a proposte di finanziamento per migliorare la viabilità pedonale e riqualificare gli spazi pubblici insistenti sugli addensamenti commerciali urbani già individuati lungo le due principali arterie viarie, nell’intento di potenziare la fruibilità e la vivibilità del tessuto urbano, non si pongono, pertanto, in alcun contrasto con l’art. 31 comma 2 del D.Lgs. n. 201 del 2011.”.

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