L’Ente gestore (o proprietario della strada) non può consentire la circolazione su di un tratto di strada di cui ha la custodia, senza adottare, od assicurarsi che vengano da altri adottati, i presidi necessari ad eliminare i fattori di rischio conosciuti e conoscibili con un attento e doveroso monitoraggio del territorio.
Con questo pronunciamento la Cassazione civile, Sezione III, con sentenza del 28 luglio 2014 (n. 17095) ha confermato la condanna dell’ANAS condannata al risarcimento dei danni subiti dalla vettura di un privato, la quale era rimasta schiacciata da un masso rotolato sulla sede stradale mentre si trovava in sosta ai margini della strada statale.
Il collegio si riporta, per la decisione epigrafata, a suo precedente (sentenza 11 novembre 2011, n. 23562) ove viene affermato che, “essendo funzione primaria dell’ente proprietario della strada quella di garantire la sicurezza della circolazione (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 14) e spettando all’ANAS, tra l’altro, il compito di adottare i provvedimenti necessari ai fini della sicurezza del traffico sulle strade e sulle autostrade che le sono affidate e in relazione alle quali essa esercita i diritti e i poteri attribuiti all’ente proprietario (D.Lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, art. 2), poco importa, in questa sede, stabilire su chi dovesse, in definitiva, gravare il costo economico del risanamento delle sponde laterali, costo del quale segnatamente si occupano il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, artt. 30 e 31”. Ciò in quanto “l’Ente non poteva consentire la circolazione su un tratto di strada di cui aveva la custodia, senza adottare – o assicurarsi che venissero da altri adottati – i presidi necessari ad eliminare i fattori di rischio conosciuti e conoscibili con un attento e doveroso monitoraggio del territorio. Tale prospettiva disvela l’assoluta inconsistenza dell’assunto secondo cui, una volta riconosciuta la concorrente responsabilità del titolare del diritto dominicale sul fondo interessato dal fenomeno franoso, l’ANAS doveva essere mandata assolta dalle istanze attrici”. Ed infatti “l’inerzia del proprietario nella realizzazione degli interventi idonei a bonificare il terreno adiacente alla strada non elimina di certo quella del proprietario o del concessionario dell’area su cui i massi rocciosi erano, ineluttabilmente, destinati a cadere – e caddero infatti – mettendo a repentaglio quella sicurezza della circolazione che, come testè specificato, costituisce uno dei compiti primari dell’ANAS“.
l’obbligo di custodia gravante sull’ANAS, sicchè è evidente che non avrebbe alcun senso occuparsi dei profili della possibile colpa ai sensi dell’art. 2043 c.c., poichè la responsabilità è regolata dall’art. 2051 c.c., i cui presupposti, anche in termini di onere della prova, sono completamente diversi (sul punto v., tra le altre, la sentenza 20 gennaio 2014, n. 999).
In ordine alla responsabilità dell’Ente proprietario della strada, sempre su questo sito, vedasi:
Pino Napolitano
P.A.sSiamo