Per essere condannati ai sensi dell’art. 5 lettera b della Legge 30/04/1962 n. 283 non occorre che la Polizia Giudiziaria provi che la cattiva conservazione degli alimenti integri anche un danno per la salute umana. Il sol fatto della conservazione non conforme ai crismi della regolarità implica che già si possa essere puniti in sede penale. Che poi dal consumo di questo materiale alimentare mal conservato, se consumato, è possibile che non derivino danni alla salute, poco interessa. Queste -maccheronicamente- le conclusioni cui perviene la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza (Cass. pen. Sez. III, Sent., 12-10-2015, n. 40772) n°40772/2015, con cui è stata confermata la condanna al pagamento di un’ammenda per il titolare di un bar che deteneva per la vendita sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione (in particolare, 50 kg di hamburger acquistati freschi all’origine e sottoposti irregolarmente a surgelazione in assenza di abbattitore termico, con l’uso della medesima attrezzatura destinata alla conservazione).
“Come è noto, la contravvenzione di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b), vieta l’impiego nella produzione, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione. Secondo le sezioni Unite di questa Corte (sentenza 9 gennaio 2002, n. 443) si tratta di un reato di danno, perchè la disposizione è finalizzata, non tanto a prevenire mutazioni che nelle altre parti della L. n. 283 del 1962, art. 5, sono prese in considerazione come evento dannoso, quanto, piuttosto, a perseguire un autonomo fine di benessere, assicurando una protezione immediata all’interesse del consumatore affinchè il prodotto giunga al consumo con le cure – igieniche imposte dalla sua natura. Conseguentemente, si è escluso che la contravvenzione si inserisca nella previsione di una progressione criminosa che contempla fatti gradualmente più gravi in relazione alle successive lettere indicate dall’art. 5, perchè, rispetto ad essi, è figura autonoma di reato, cosicchè, ove ne ricorrano le condizioni, può anche configurarsi il concorso (sez. 3, 17 gennaio 2014, n. 6108, rv. 258861)….le sezioni unite, sempre nella decisione in precedenza richiamata, hanno anche precisato che, ai fini della configurabilità del reato, non vi è la necessità di un cattivo stato di conservazione riferito alle caratteristiche intrinseche delle sostanze alimentari, essendo sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, che devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza (in senso conforme, sez. 3, 20 aprile 2010, n. 15094; sez. 3, 21 settembre 2007, n. 35234; sez. 3, 10 giugno 2004, n. 26108; sez. 3, 24 marzo 2003, n. 123124; sez. 4, 18 novembre 2002, n. 38513; sez. 3, 8 novembre 2002, n. 37568;sez. 3, 3 gennaio 2002, n. 5). Più in particolare, sez. 3, 2 settembre 2004, n. 35828 ha chiarito che la natura di reato di danno attribuita dalle sezioni unite alla contravvenzione in esame non richiede la produzione di un danno alla salute, poichè l’interesse protetto dalla norma è quello del rispetto del c.d. ordine alimentare, volto ad assicurare al consumatore che la sostanza alimentare giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte per la sua natura. Si è inoltre affermato che è comunque necessario accertare che le modalità di conservazione siano in concreto idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento delle sostanze (sez. 3, 11 gennaio 2012, n. 439; sez. 3, 13 aprile 2007, n. 15049) escludendo, tuttavia, la necessità di analisi di laboratorio o perizie, ben potendo il giudice di merito considerare altri elementi di prova, come le testimonianze di soggetti addetti alla vigilanza, quando lo stato di cattiva conservazione sia palese e, pertanto, rilevabile da una semplice ispezione (Sez. 3^ n. 35234, 21 settembre 2007, cit.)”.
Pino Napolitano