Al Comandante della Polizia Municipale spettano obblighi di controllo in materia di sicurezza stradale

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Al Comandante della Polizia Municipale spettano obblighi di controllo in materia di sicurezza stradale

I giudici della quarta sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 20110 dell’ 8 maggio 2018 hanno ribadito che chi è tenuto a predisporre gli strumenti di regolazione della circolazione stradale è tenuto anche a fronteggiare le possibili forme di condotta di guida imprudente degli utenti della strada.

IL CASO

La Corte di Appello di Messina confermava la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto nei confronti di un  Comandante della Polizia Municipale, in relazione al delitto di omicidio colposo. Questi dopo una riunione del coordinamento della Protezione Civile, aveva  emanato un’ordinanza di chiusura di un tratto di strada confinante con un torrente in quanto sia il piano stradale che il muro di contenimento era franato in occasione di piogge alluvionali per la lunghezza di circa 60 metri. Il conducente di un’autovettura, munito di foglio rosa con a fianco la madre e sul sedile posteriore la sorella, alla velocità stimata di circa 70 chilometri orari ed a luci spente, superava un primo cartello recante un divieto di accesso, impattava contro le transenne amovibili poste a chiusura della strada, ma posizionate in modo da lasciare un varco a destra di circa due metri, per finire la propria corsa nel torrente. L’impatto cagionava il decesso del conducente e delle trasportate. Al Comandante veniva addebitato, ex art. 5, terzo comma del codice della strada e punto n. 3 del Disciplinare tecnico approvato con decreto ministeriale 10 luglio 2002 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di non avere curato che la chiusura della strada avvenisse con le modalità prescritte per i cantieri stradali, con transennature fisse e con idonei cartelli di segnalazione luminosa, anche notturna. All’imputato si contestava la violazione dell’ in quanto, dopo aver emesso l’ordinanza con la quale aveva disposto la chiusura al transito, aveva omesso di dare corretta esecuzione e di vigilare sulla corretta esecuzione di detta ordinanza, non assicurando che la chiusura avvenisse con le modalità previste per i cantieri stradali. Avverso la sentenza della Corte territoriale l’imputato proponeva ricorso per cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione.

LA DECISIONE

Gli Ermellini, nel rigettare il ricorso confermavano le motivazioni della sentenza impugnata, sostenendo che chi è tenuto a predisporre gli strumenti di regolazione della circolazione stradale è tenuto a fronteggiare anche le possibili forme di condotta di guida imprudente degli utenti della strada. Ergo il Comandante della Polizia Municipale era tenuto, sia in ragione dei compiti istituzionali inerenti alla regolamentazione della circolazione stradale sia in ragione dell’esercizio di fatto delle funzioni tipiche del garante dei rischi per la circolazione derivanti dalla frana, a controllare che l’ordinanza con cui aveva imposto la chiusura della strada fosse eseguita con modalità idonee ad assicurarne l’efficacia. Inoltre sempre il Comandante della Polizia Municipale, in funzione di vigilanza sul territorio, era nella condizione di percepire, direttamente o attraverso i suoi sottoposti, la pericolosità del sistema di chiusura del transito concretamente predisposto, valutando i frequenti spostamenti delle transenne operati dai privati nei giorni immediatamente successivi all’emanazione dell’ordinanza. Sempre a giudizio della Corte l’obbligo di controllo da cui sorge la posizione di garanzia del Comandante in materia di sicurezza stradale nell’ambito territoriale del Comune ha, infatti, diretta fonte nel combinato disposto dell’art. 5 legge 7 marzo 1986, n. 65 e degli artt. 11 e 12 del codice della strada, che prevedono l’espletamento, da parte dei Corpi di Polizia Municipale, dei servizi di polizia stradale, tra i quali rientrano la tutela ed il controllo sull’uso della strada.

 

 

 

Corte di Cassazione Penale sezione IV, sentenza n. 20110 dell’ 8 maggio 2018

Ritenuto in fatto

  1. La Corte di Appello di Messina, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa il 23/06/2014 dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto nei confronti di A. A. in relazione al delitto previsto dagli artt.113 e 589, secondo e terzo comma, cod. pen. commesso in Terme Vigliatore il 22 dicembre 2008.
  2. Il fatto è stato così ricostruito nella suindicata sentenza: B. B., alla guida di una XXX, munito di foglio rosa, con accanto la madre C. C. e sul sedile posteriore la sorella D. D., percorreva alle ore 17 del 22 dicembre 2008 la strada statale chiusa al traffico denominata via Barile alla velocità stimata di circa 70 chilometri orari ed a luci spente; sul lato sinistro della strada scorre il torrente Mazzarà, ubicato 3,5 metri sotto il piano stradale, delimitato da un muro di contenimento del corpo stradale in cemento armato, che in occasione di piogge alluvionali era franato, unitamente ad una parte del piano stradale, per una lunghezza di circa 60 metri; in data 11 dicembre, in seguito alla riunione del coordinamento della Protezione Civile, era stata emanata dal Comandante della locale Polizia Municipale, A. A., un’ordinanza di chiusura della strada, realizzata tuttavia in modo approssimativo; l’autovettura condotta dal B. B. aveva superato un primo cartello recante un divieto di accesso, ubicato nei pressi del cavalcavia autostradale poco prima del luogo in cui aveva inizio la frana, era poi andata ad impattare contro le transenne amovibili poste a chiusura della strada, ma posizionate in modo da lasciare un varco a destra di circa due metri, ed aveva quindi sbandato deviando a sinistra, per finire la propria corsa nel torrente; l’impatto contro i lastroni di cemento ivi presenti aveva cagionato il decesso del conducente e delle trasportate; a A. A. si era addebitato di non avere curato che la chiusura della strada avvenisse con le modalità prescritte per i cantieri stradali, con transennature fisse e con idonei cartelli di segnalazione luminosa, anche notturna.
  3. All’imputato si contestava la violazione dell’art. 5, comma 3, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e del punto n. 3 del Disciplinare tecnico relativo approvato con d.m. 10 luglio 2002 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in quanto, dopo aver emesso l’ordinanza n. 20/PM del 11 dicembre 2008, con la quale aveva disposto la chiusura al transito della via Barile, aveva omesso di dare corretta esecuzione e di vigilare sulla corretta esecuzione di detta ordinanza, non assicurando che la chiusura avvenisse con le modalità previste per i cantieri stradali.
  4. A. A. ricorre per cassazione deducendo, con un primo motivo violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 589 cod. pen. e 192 cod. proc. pen. nonché vizio della motivazione in ragione del fatto che la sentenza impugnata ha erroneamente ricostruito la posizione di garanzia del ricorrente, sia in assoluto sia in relazione al coimputato E. E., Capo Area dell’Ufficio Tecnico comunale nonché responsabile del servizio manutenzione delle strade e responsabile di vertice del Centro operativo di protezione civile comunale. Il ricorrente contesta l’assunto, rinvenibile nella sentenza impugnata, secondo il quale l’organo preposto all’adozione di un provvedimento immediatamente esecutivo (nel caso in esame il Comandante della Polizia Municipale) sia tenuto a seguire la fase dell’esecuzione di esso e ad assicurarsi che la realizzazione di quanto disposto avvenga in modo adeguato, in assenza di altri soggetti ai quali l’atto debba essere trasmesso per l’esecuzione. Ritiene tale assunto erroneo per il fatto che, in base ai Regolamenti degli Uffici e Servizi del Comune di Terme Vigliatore ed in base ai Regolamenti dell’Ufficio della Protezione Civile nell’ambito dello stesso Comune, nonché del Piano di Protezione Civile, l’organo deputato a porre in esecuzione tutti i provvedimenti idonei a mettere in sicurezza il territorio è il Responsabile dell’Ufficio di Protezione Civile.

Al  E. E. spettava, quale Capo Area dell’Ufficio Tecnico del Comune nonché Responsabile della Protezione civile, il compito di decidere gli interventi idonei e di apprestare i mezzi ed i materiali da fornire al Capo operaio per l’esecuzione dell’ordinanza. Esulava dai compiti istituzionali del ricorrente il controllo di carattere tecnico sulle modalità di chiusura della strada; il A. A. non aveva alcuna capacità di spesa per deliberare acquisti di mezzi o materiali da impiegare per la chiusura delle strade alla circolazione né aveva alcun potere di controllo sull’operato del Capo Area.

Con un secondo motivo deduce violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc. pen. in relazione agli artt. 40 e 41 cod. pen. nonché vizio della motivazione per l’omesso esame del motivo di appello in cui si erano evidenziate le numerose violazioni integranti altrettanti profili di colpa specifica a carico del conducente munito di foglio rosa nonché dell’istruttore presente nel frangente, tali da costituire condotta abnorme idonea ad interrompere il nesso causale tra l’omissione addebitata al ricorrente e l’evento.

  1. Con memoria depositata il 9 marzo 2018 il Comune di Terme Vigliatore, nella qualità di responsabile civile, ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per l’estromissione delle parti civili e per la dichiarazione di carenza di legittimazione passiva del Comune. Il Comune citato quale responsabile civile deduce di aver operato un congruo intervento sui luoghi nella fase dell’emergenza, mentre sarebbe spettato al Genio Civile di Messina, che aveva attivato il procedimento di intervento in somma urgenza ai sensi dell’art. 147 d.P.R. n. 554/1999, provvedere all’eliminazione della situazione di pericolo. Lamenta che i giudici dì merito abbiano trascurato l’eccesso di velocità del conducente, la sua totale inesperienza, la guida a fari spenti e le responsabilità della madre trasportata quale istruttrice, quali cause idonee ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento. Si duole dell’omesso esame dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva del Comune nei confronti degli aventi diritto in relazione ai terzi trasportati, che avevano avanzato domanda di risarcimento del danno alla compagnia assicuratrice per la RCA del veicolo e chiede che sia rilevata d’ufficio la carenza di legittimazione attiva dei nonni paterni delle vittime, dei nonni materni, degli zii e dei cugini dei germani B. B. in quanto familiari non conviventi.

Considerato in diritto

  1. Il costrutto motivazionale della sentenza impugnata si fonda sui seguenti assunti:
  2. a) l’apposizione di un segnale di divieto di accesso agevolmente eludibile è segnaletica inadeguata a porre l’automobilista nella condizione di percepire la portata del pericolo al quale andrà incontro violando il divieto;
  3. b) la transennatura posta oltre il divieto di accesso avrebbe dovuto essere inamovibile e non avrebbe dovuto lasciare aperto un varco;
  4. c) la segnaletica era estremamente pericolosa al calare dell’oscurità per la mancanza di dispositivi rifrangenti e di segnali luminosi di pericolo;
  5. d) chi è tenuto a predisporre gli strumenti di regolazione della circolazione stradale è tenuto a fronteggiare anche le possibili forme di condotta di guida imprudente degli utenti della strada;
  6. e) il Comandante della Polizia Municipale era tenuto, sia in ragione dei compiti istituzionali inerenti alla regolamentazione della circolazione stradale sia in ragione dell’esercizio di fatto delle funzioni tipiche del garante dei rischi per la circolazione derivanti dalla frana, a controllare che l’ordinanza con cui aveva imposto la chiusura della strada fosse eseguita con modalità idonee ad assicurarne l’efficacia;
  7. f) il Comandante della Polizia Municipale, in funzione di vigilanza sul territorio, era nella condizione di percepire, direttamente o attraverso i suoi sottoposti, la pericolosità del sistema di chiusura del transito concretamente predisposto, valutando i frequenti spostamenti delle transenne operati dai privati nei giorni immediatamente successivi all’emanazione dell’ordinanza.
  8. Con specifico riguardo al motivo di ricorso secondo il quale il ricorrente non avrebbe rivestito alcuna posizione di garanzia, a pag.13 della sentenza è indicata la fonte di tale posizione, non specificamente contestata, nel Piano di Protezione Civile del Comune di Terme Vigliatore, in base al quale al Comandante della Polizia Municipale era demandato il compito di “delimitare e controllare le aree a rischio al verificarsi delle emergenze”.

2.1. Si tratta della corretta applicazione della clausola di equivalenza di cui all’art. 40, secondo comma, cod. pen., in base alla quale l’accertamento dell’obbligo impeditivo è un passaggio necessario per individuare il soggetto responsabile del reato omissivo improprio. In relazione a tale norma, la giurisprudenza di legittimità, sin dagli anni novanta del secolo scorso, ha infatti elaborato la “teoria del garante”, muovendo dall’osservazione – e dalla valorizzazione – del significato profondo che deve riconoscersi agli “obblighi di garanzia”, discendenti dallo speciale vincolo di tutela che lega il soggetto garante, rispetto ad un determinato bene giuridico, per il caso in cui il titolare dello stesso bene sia incapace di proteggerlo autonomamente (Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990, dep. 1991, Bonetti, in motivazione). È compito dell’interprete procedere alla selezione delle posizioni di garanzia, per tutti i casi della vita – non tipizzati dal legislatore – corrispondenti ad una situazione di passività, in cui versi il titolare del bene protetto. Tanto chiarito, preme pure evidenziare che la Corte regolatrice, nel rilevare la complessità delle valutazioni conducenti alla selezione delle posizioni di garanzia, da intendersi come locuzione che esprime in modo condensato l’obbligo giuridico di impedire l’evento, ha espressamente considerato: che occorre guardarsi dall’idea ingenua, e foriera di fraintendimenti, in base alla quale la sfera di responsabilità penale di ciascuno possa essere sempre definita e separata con una rigida linea di confine e che questa stessa linea crei la sfera di competenza e responsabilità di alcuno escludendo automaticamente quella di altri. Su tale presupposto, sono da considerare inconferenti le deduzioni che tendono ad evidenziare la posizione di garanzia di altri soggetti, in quanto inidonee ad escludere la posizione di garanzia del ricorrente.

2.2. La pronuncia risulta, dunque, rispettosa del principio enunciato in quanto ha individuato la fonte normativa dell’obbligo di protezione gravante sull’imputato in correlazione alla necessità di una tutela rafforzata del bene della sicurezza della circolazione stradale in occasione di eventi naturali idonei a comprometterlo (Sez. 4, n. 9855 del 27/01/2015, Chiappa, Rv. 26244001).

  1. In merito alla necessaria correlazione tra la posizione di garanzia ed il potere di spesa, la questione non è fondatamente proposta in ragione del fatto che l’obbligo di controllo gravante sul ricorrente non trova origine in una delega di funzioni. La tematica del potere di spesa quale fonte della posizione di garanzia è, peraltro, riconosciuta al dirigente dotato di poteri di gestione e titolare di autonomi poteri decisionali anche in materia di spesa, tenuto conto della ripartizione di funzioni indicata dall’Ordinamento degli enti locali (art. 107 d. Igs. 18 agosto 2000, n. 267), che conferisce ai dirigenti amministrativi autonomi poteri di organizzazione delle risorse.

3.1. L’obbligo di controllo da cui sorge la posizione di garanzia del Comandante della Polizia Municipale in materia di sicurezza stradale nell’ambito territoriale del Comune ha, infatti, diretta fonte nel combinato disposto dell’art. 5 legge 7 marzo 1986, n. 65 e degli artt. 11 e 12 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, che prevedono l’espletamento, da parte dei Corpi di Polizia Municipale, dei servizi di polizia stradale, tra i quali rientrano la tutela ed il controllo sull’uso della strada.

3.2. Correttamente, dunque, nella sentenza impugnata si è rimarcato come, proprio su indicazione del A. A., in veste di organo di vertice della Polizia Municipale con funzioni di vigilanza sul territorio ed al fine di garantire il rispetto dell’ordinanza di chiusura dal medesimo adottata, dopo l’evento furono apposte delle semplici tavole di legno sulle transenne onde evitare la presenza di varchi accessibili ai mezzi di trasporto.

  1. Un ulteriore profilo di censura concerne l’omesso esame delle doglianze svolte nell’atto di appello in merito alla condotta colposa del conducente e dell’istruttore presente nel veicolo al momento del fatto.

4.1. Occorre, in proposito, evidenziare che nella sentenza impugnata si è ripetutamente sottolineata la situazione di pericolo generata dall’assenza di segnaletica idonea ad allertare i conducenti al fine di renderli edotti della gravità del rischio presente in quel tratto di strada. Ed in tale contesto assume particolare importanza l’omessa apposizione di segnaletica luminosa per l’indicazione del pericolo nelle ore notturne.

4.2. Essendo l’evento da ascrivere, dunque, al rischio connesso alla circolazione stradale, la pronuncia è conforme a due principi interpretativi affermati dalla giurisprudenza di legittimità: in primo luogo, al principio secondo il quale il rispetto delle norme cautelari che regolano la sicurezza stradale non è esigibile esclusivamente dagli utenti della strada alla guida di veicoli, dunque in fase di circolazione, ma anche da coloro che svolgano attività diverse, come la manutenzione stradale (Sez. 4, n. 23152 del 3/05/2012, Porcu, Rv. 25297101), o l’organizzazione della circolazione e della segnaletica stradale (Sez. 4, n. 17010 del 29/03/2016, Corrao, Rv. 26654801), in linea con i principi dettati dagli artt. 35-45 cod. strada; in secondo luogo, il principio secondo il quale non rimane esente da responsabilità, quando il sinistro sia ascrivibile a colpa della vittima, colui che non abbia tenuto una condotta immune da qualsiasi addebito, sia sotto il profilo della colpa specifica, che della colpa generica (Sez. 4, n. 32202 del 15/07/2010, Filippi, Rv. 24835501).

  1. I profili di doglianza svolti nella memoria del responsabile civile, attinenti ad altrettante censure ai punti della decisione inerenti alla domanda civile, non possono essere esaminati in quanto non hanno formato oggetto d’impugnazione ai sensi dell’art. 575 cod. proc. pen.
  2. Conclusivamente, il ricorso è infondato e va rigettato; segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, in solido con il Comune di Terme Vigliatore, alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – in solido con il responsabile civile Comune di Terme Vigliatore – al rimborso delle spese di giudizio in favore delle parti civili, liquidate come segue:

– euro 2.500, 00 ciascuno oltre agli accessori di legge alle parti civili F. F. e G. G.;

– euro 3.500, 00 complessivi oltre agli accessori di legge, alle parti civili difese dall’Avv. H. H.;

– euro 5.000, 00 complessivi, oltre agli accessori di legge, alle parti civili difese dall’Avv. L. L..

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