Com’è noto, la Legge n°190/2012 ha, tra l’altro, modificato testualmente alcuni articoli del codice penale. Molto la dottrina si è concentrata sulla introduzione delle nuove figure di reato, per contro, dedicando minima attenzione a figure oggetto di semplice -ed apparente- scarsamente rilevante modificazione.
Tra queste spicca la figura considerata dall’articolo 318 c.p. che, usualmente -sotto l’egida della preveniente formulazione- definiva la “corruzione impropria” (secondo quella che è una consolidata opinione dottrinale).
Il vecchio testo dell’articolo 118 c.p.(oggi non più esistente in questa versione), così recitava: “Il pubblico ufficiale che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.
Il nuovo e vigente testo dell’articolo 118 c.p. (non più rubricato come “Corruzione per un atto d’ufficio”, ma come “Corruzione per l’esercizio della funzione”) recita: “Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
La norma -come si sospettava- va a punire non solo le condotte susseguenti allo svolgimento della funzione (così da rendere configurabile sempre la corruzione susseguente anche per l’atto del proprio ufficio), ma anche le condotte di dazioni minime, anche considerabili come piccole liberalità, posto che la nuova norma -nel far sparire la nozione di “retribuzione”- scolorisce il sinallagma ed abbassa drasticamente la soglia di punibilità penale.
La sentenza sotto riportata per stralcio, nel mandare esente da punizione un militare che aveva ricevuto un piccolo dono dopo la conclusione delle sue attività di accertamento, da conto della circostanza che tale esenzione è conseguenza della circostanza che il “fatto” è accaduto prima della riforma dell’articolo 118 c.p..
Diversamente, è lecito presumere, la punizione penale deve ritenersi scontata.
Si segnala per la lettura l’allegata sentenza.
Pino Napolitano
P.A.sSiamo