Le corrette procedure per l’accertamento della guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti

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Interessante intervento della Corte di Cassazione Penale in materia di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti: la Suprema Corte, con la sentenza n. 3623, del 27 gennaio 2016, infatti, prescrive esattamente la procedura operativa per il corretto accertamento del reato di cui all’articolo 187, codice della strada.

L’articolo 187, comma 3, come modificato dalla legge 120/2010, prescrive che, qualora gli accertamenti preliminari diano esito positivo ovvero quando si abbia ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, l’organo di polizia accertatore accompagni il conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di polizia stradale ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate, per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell’effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Nella modifica apportata con la legge 120/2010, come è noto, è stato espunto l’obbligo di sottoposizione alla visita medica, che, quindi, ora risulta discrezionale, a scelta del medico competente.

Nel caso oggetto della decisione della Corte di Cassazione, lo stato di alterazione fisica e psichica in conseguenza dell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope era tato accertato, mediante prelievo ed analisi dei liquidi biologici che evidenziavano la presenza di cocaina, benzodiazepine, metadone e benzoilecgonina, ritenendo ritenuto la sussistenza di entrambi i presupposti necessari per la sussistenza del reato, ossia l’assunzione di sostanze stupefacenti e l’alterazione psicofisica: si è ritenuto provata la presenza di metadone e benzodiazepine nel sangue dell’imputata, dai referti medici, deducendone la presenza nell’organismo poco prima e mentre era alla guida dell’autovettura.

Il ricorrente lamenta che l’esame clinico eseguito non può costituire l’unico elemento per affermare che l’imputato si sia posto alla guida in stato di alterazione psicofisica. Al fine di determinare detto stato di alterazione occorrerebbe, infatti, verificare la sussistenza di elementi convergenti di riscontro che facciano presupporre uno stato attuale di alterazione, come una visita neurologica o esami analitici sulle sostanze per affermarne una recente assunzione o uno stato psico-fisico alterato al momento dell’accertamento. Ma tali riscontri nel caso in questione non vi sarebbero stati.

Anche i prelievi ematici o sui liquidi sarebbero insufficienti. Entrambi gli esami non sarebbero, infatti, in grado di stabilire i tempi dell’assunzione e quindi l’attualità dell’uso.
La positività riscontrata nel sangue potrebbe indicare semplicemente un’assunzione pregressa di giorni, con una variabilità determinata dal tipo di molecola assunta.
Non sarebbe possibile stabilire l’esistenza di un nesso causale tra assunzione e stato di alterazione.
La norma, tra l’altro, non prevedrebbe il limite quantitativo, oltre il quale possa ritenersi lo stato di alterazione attuale ed esistente al momento della contestazione.
Sarebbe, poi, necessario stabilire allorquando le sostanze assunte in combinazione possano dare dei falsi positivi. Anche l’esistenza in circolo non dimostrerebbe l’esistenza di una effettiva intossicazione.

Nel ricorso si ribadisce la possibilità che la positività possa risultare dopo giorni dall’assunzione e, in difetto di vista neurologica accertante la perduranza dello stato di alterazione, quest’ultimo non sarebbe dimostrabile. In ogni caso si ribadisce che sarebbe sempre necessaria una visita medica volta ad accertare gli effetti sul soggetto attuali e non pregressi.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso stabilendo che la condotta tipica del reato previsto dall’art. 187, commi primo e secondo, cod. strada non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione e pertanto, perché possa affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato di alterazione causato da tale assunzione.

In conclusione, quindi, mentre per la sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente la prova sintomatica dell’ebbrezza o che il conducente abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nel comma secondo dell’art. 186 cod. strada, per la configurabilità del reato “ex” art. 187 cod. strada è necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica.

 

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