Quesito: Vendita su aree pubbliche di bigiotteria e opere dell’ingegno
Carissimo Com.te Pezzullo, ritorno a chiedere un suo parere in merito alla esposizione e vendita di opere frutto del proprio ingegno creativo. Nello specifico, sempre più spesso, mi giungono richieste di posteggio su aree pubbliche, per effettuare la esposizione e vendita di, a titolo esemplificativo, bigiotteria in fimo, pietre dure, ricami a mano, oggettistica realizzata a mano etc. Se le richieste si limitassero a ricorrenze particolari ovvero sporadiche, quali ad esempio la sagra dei prodotti artigianali, il problema non si porrebbe, invece, sempre da parte degli stessi soggetti, vengono inoltrate richieste di posteggio in occasione di diverse feste patronali, fiere e sagre che si svolgono nel corso dell’anno. Pertanto, secondo la mia concezione di occasionalità e discontinuità, non si ravviserebbero gli estremi di cui al D. Lgs 114/98 – art. 4 c. 2 lett. H), nonché della normativa fiscale di riferimento ( D.M. 21/12/92 n. 1; L. 413/91 art. 12). Per quanto sopra, Le sarei grato se mi manifestasse la Sua considerazione in merito.
Cordialmente G. M. – operatore P. L. Avigliano (PZ)
Risposta
In primo luogo, si condivide la considerazione che gli operatori in argomento non svolgono attività occasionale o discontinua, atteso che essi presentano richiesta di posteggio per le diverse manifestazioni che si tengono sul territorio e, pertanto, sono soggetti alla legislazione sulla disciplina del commercio, per le motivazioni di seguito indicate.
Per la vendita o esposizione delle proprie opere d’arte o dell’ingegno non trova applicazione il D. Lgs. 114/98, ai sensi dell’art. 4, comma 2, lett. h) dello stesso decreto e, pertanto, se gli operatori chiedessero di esporre o vendere tali opere, il Comune si dovrebbe limitare a rilasciare il permesso di occupazione suolo pubblico, se lo ritiene opportuno e se ne sussistono le condizioni.
Ma, per gli esempi citati nel quesito (bigiotteria in fimo, pietre dure, ricami a mano, oggettistica realizzata a mano etc..), ritengo trattasi di prodotti artigianali e, quindi, gli operatori dovrebbero essere in possesso di iscrizione all’albo delle imprese artigiane.
Anche in questo caso non si applica il D. Lgs. 114/98, ai sensi dell’art. 4, comma 2, lett. f) ma la normativa specifica sull’artigianato.
Si evidenzia però che, ai sensi dell’art. 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge quadro per l’artigianato), detti operatori possono vendere i propri prodotti solo nel luogo di produzione.
Orbene, poiché l’art.3, comma 3, della stessa legge stabilisce che “l’impresa artigianapuò svolgersi in luogo fisso, presso l’abitazione dell’imprenditore o di uno dei soci o in appositi
locali o in altra sede designata dal committente oppure in forma ambulante o di posteggio”, se gli operatori artigiani producono i loro oggetti nell’area di vendita assegnata, ritengo che potranno venderli direttamente agli acquirenti, fatti salvi gli obblighi fiscali conseguenti.
Anche in questa ipotesi, il Comune si dovrebbe limitare a rilasciare il permesso di occupazione suolo pubblico, se lo ritiene opportuno e se ne sussistono le condizioni
Qualora gli stessi operatori non sono iscritti nell’albo delle imprese artigiane, ovvero non li producono sul luogo di vendita, o ancora vendono oggetti di altrui produzione, per esercitare l’attività, dovranno munirsi di titoli autorizzativi (autorizzazione commerciale ovvero, laddove è consentita, Scia) per il commercio su aree pubbliche in forma itinerante, con richiesta di assegnazione di suolo pubblico.
P.A.sSiamo C. te Michele Pezzullo