La Polizia Giudiziaria non ha l’obbligo di sottoporre sempre una struttura abusiva a sequestro e non commette il reato di cui all’art. 328 c.p (omissione in atti d’ufficio) se non ricorrono entrambi presupposti ovvero il fumus commissi delicti ed il periculum in mora

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Con una interessante sentenza il Giudice M.C del Tribunale di Nocera Inferiore ha dichiarato il non luogo a procedere, per una richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal P.M titolare delle indagini, nei confronti di 3 unità della Polizia Municipale (tra i quali il Comandante) di un Comune della Provincia di Salerno ed un tecnico comunale con riferimento ai reati loro rispettivamente ascritti (segnatamente il 328 c.p omissione in atti d’ufficio), perché il fatto non sussiste.

I FATTI

A seguito della richiesta di rinvio a giudizio depositata dal P.M. il 12 gennaio 2024 è stata fissata l’udienza preliminare per il 12 settembre 2024.

In tale sede le persone offese hanno chiesto di costituirsi parti civili mentre le difese degli imputati hanno sollevato plurime eccezioni, con riferimento alle quali il giudice si è riservato.                                                                                                                 Alla seduta del 17 ottobre 2024 il G.U.P., a scioglimento della riserva, ha ammesso le costituzioni di parte civile; a seguire, ha dichiarato aperta la discussione e ha invitato le parti a rassegnare le proprie conclusioni, formulate come in epigrafe riportate, per poi rinviare il processo per eventuali repliche del P.M. e delle parti civili.

All’udienza del 23 gennaio 2025 il P.M. ha rinunciato alle repliche, mentre l’avvocato per la parte civile, ha formulato repliche alle quali ha controreplicato il difensore di uno degli operatori di pg.

A seguire, il giudice si è ritirato in camera di consiglio e, all’esito, ha disposto lo stralcio delle posizioni delle tre unità di polizia giudiziaria e del tecnico comunale, con creazione di autonomo fascicolo, nell’ambito del quale ha emesso sentenza di non luogo a procedere, come da dispositivo e contestuali motivi letti e pubblicati in udienza.

A giudizio del G.U.P si doveva emetteresentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nei confronti di tutti gli imputati, chiamati a rispondere del delitto ex art. 328 c.p. per aver omesso, in diverse date, di sottoporre a sequestro preventivo una“tettoia abusiva in corso di realizzazione” presso la proprietà della principale imputata.

In via preliminare, occorre richiamare in maniera sintetica le principali risultanze investigative.

In data 8 febbraio 2022 n. 2 operatori di Polizia Municipale, entrambi appartenenti alla Polizia Locale di (omissis) avevano eseguito un sopralluogo presso la proprietà dell’imputata C.C, a seguito della segnalazione, effettuata dai vicini di casa di quest’ultima, circa la realizzazione di opere abusive. Giunti sul posto, gli operanti avevano verificato lo stato dei luoghi redigendo, all’esito, un verbale di sopralluogo urbanistico-edilizio e contestuale diffida di P.G. a proseguire i lavori ai sensi dell’art. 650 c.p., evidenziando come i lavori riguardassero la parte antistante del fabbricato e consistessero nella realizzazione di una tettoia composta da due pali posti verticalmente a sostegno di sei pali longitudinali. Nel verbale si precisa che, poiché vi era la necessità di effettuare ulteriori verifiche da parte dell’UTC, si diffidava la parte a non proseguire i lavori e a non mutare l’attuale stato dei luoghi.

Il 10 febbraio 2022, a seguito di un’ulteriore segnalazione, era stato effettuato un nuovo sopralluogo, questa volta ad opera di un operatore di pg del Comandante della Polizia Municipale, i quali, giunti sul posto alle 18.00, avevano riscontrato – dalla pubblica via, dal momento che il cancello che consentiva l’accesso al cortile dove ricadeva l’opera era chiuso e non vi era nessuno in casa – che l’ordine di non proseguire i lavori era stato rispettato; lo stato dei luoghi era stato anche documentato con una fotografia, allegata al verbale.

Il 1° marzo 2022 era stato effettuato un terzo sopralluogo (a seguito di un’ulteriore segnalazione telefonica), nel corso del quale il S. Ten. Appartenente alla squadra Edilizia – Anti Abusivismo della Polizia Municipale era stato coadiuvato dal tecnico comunale.

Quest’ultimo aveva ritenuto che i lavori oggetto di verifica consistessero nella realizzazione di un pergolato in legno completamente aperto, con telo di copertura in PVC di colore bianco. L’opera era stata montata in una corte di pertinenza dell’appartamento e occupava una superficie di circa 15 mg; rientrava, pertanto, tra gli interventi di libera installazione.

Il successivo 10 marzo 2022 il Comandante della Polizia Municipale aveva trasmesso alla Procura l’annotazione relativa all’esposto per i presunti lavori abusivi (in cui si ribadisce che si trattava di interventi di edilizia libera), unitamente al verbale di sopralluogo tecnico redatto da personale dell’UTC.

La segnalazione, giunta in Procura, in data 14 marzo 2022 era stata iscritta a Mod. 45 (atti non costituenti notizia di reato) ed archiviata dal P.M. il 15 marzo 2022.

Il 18 aprile 2023 la persona offesa, , aveva sporto una denuncia-querela in cui riferiva della costruzione della tettoia nella proprietà della sua vicina di casae circa i vari sopralluoghi effettuati dalla P.G. e le iniziative assunte dagli imputati.

Conseguentemente, era stato iscritto il procedimento a carico della proprietaria della tettoia. Nel corso delle indagini il P.M. ha conferito incarico ad un consulente, affinché verificasse se le opere realizzate dall’imputata fossero qualificabili come tettoia, se integrassero violazioni della normativa urbanistica e se avrebbero richiesto il rilascio del permesso di costruire. Il tecnico incaricato, nella relazione depositata il 28 giugno 2023, ha concluso ritenendo che i lavori in questione costituissero una nuova costruzione e che avrebbero, quindi, necessitato di un permesso di costruire e del previo rilascio dell’autorizzazione sismica da parte del Genio Civile.

In data 28 giugno 2023 il P.M. chiedeva al G.I.P. di emettere un decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto la struttura abusiva. Il giudice per le indagini preliminari, con decreto depositato il 3 luglio 2023, rigettava la richiesta affermando che, pur essendo configurabile il fumus commissi delicti,fosse carente il periculum in morasia perché l’opera era stata ultimata sia perché la stessa, “fungendo da copertura esterna di un’area già pavimentata e utilizzata come cortile, non comporta una trasformazione significativa dell’area”.

 

Ciò posto, in punto di diritto occorre premettere che il delitto di cui all’art. 328 co. 1 c.p. punisce l’indebito rifiuto, da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, di un atto qualificato – qual è quello motivato da ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico o sanità – che deve essere compiuto senza ritardo.

Secondo un orientamento più risalente, il rifiuto di atto d’ufficio non è integrato quando l’atto, pur attenendo alle ragioni suddette, non presenti un carattere di indifferibilità e doverosità (Cass. pen.,sez. VI, sent. n. 5596 del 5 maggio 1999).

Altra interpretazione, attualmente maggioritaria, ritiene che “il rifiuto di cui all’art. 328 cod. pen. si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma la valenza di rifiuto dell’atto medesimo” (cosi Cass. pen., sez. VI, sent. n. 17570 del 16 marzo 2006, fattispecie nella quale è stato ravvisato il suddetto reato nell’omessa notificazione da parte di un ufficiale giudiziario di atti giudiziari che avrebbero dovuto essere restituiti senza ritardo all’autorità procedente o alla parte privata richiedente; si veda, sul punto, anche Cass. pen., sez. VI, sent. n. 46400 del 23 novembre 2015).

La Suprema Corte ha anche precisato che “il delitto di omissione di atti d’ufficio è un reato di pericolo la cui previsione sanziona il rifiuto non già di un atto urgente, bensi di un atto dovuto che deve essere compiuto senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire gli effetti che gli sono propri in relazione al bene oggetto di tutela” (così Cass. pen., sez. VI, sent. n. 33857 del 7 maggio 2014, fattispecie in cui Corte ha ritenuto che legittimamente la decisione impugnata avesse escluso la configurabilità del reato con riferimento alla mancata adozione di un’ordinanza sindacale contingibile e urgente, in relazione al pericolo cagionato ai pedoni e ad un’abitazione da una frana insistente sulla sede stradale, cui si sarebbe potuto ovviare anche con la chiusura della strada ad opera dei Vigili del Fuoco).

Ancora, la Suprema Corte ha affermato che “ai fini della configurabilità del reato di rifiuto di atti di ufficio, non basta che l’atto rientri in una delle categorie tipiche indicate dalla norma né che sussistano le previste condizioni di urgenza, ma occorre che l’atto sia dovuto, e dunque non rientri nell’ambito della discrezionalità del pubblico ufficiale’ (cosi Cass, pen., sez. IV, sent. n. 19358 del 6 marzo 2007, riguardante un caso, concernente gli interventi che gli amministratori di un ospedale avrebbero dovuto eseguire per evitare il diffondersi di un’infezione, la Corte ha escluso la configurabilità del reato di rifiuto di atti di ufficio sul presupposto del carattere intrinsecamente discrezionale dell’attività tecnica rifiutata).

Particolarmente rilevante nel caso in esame è l’atteggiamento soggettivo richiesto. Ebbene, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 328 cod. pen. è sufficiente il dolo generico, in quanto l’avverbio “indebitamente”, inserito nel testo della disposizione, qualificando l’omissione di atti di ufficio come reato ad antigiuridicità cosiddetta espressa o speciale, connota l’elemento soggettivo,

non nel senso di comportare l’esigenza di un dolo specifico, ma per sottolineare la necessità della consapevolezza di agire in violazione dei doveri imposti (si veda Cass, pen., sez. VI, sent. n. 33565 del 15 giugno 2021).

Venendo alla valutazione del caso di specie, occorre prendere le mosse dalla natura, abusiva o meno, dell’opera realizzata nella proprietà della principale imputata, dal momento che la necessità del sequestro derivava, secondo l’impostazione accusatoria, proprio dall’illecita realizzazione del manufatto in assenza del necessario permesso di costruire.

Non vi sono dubbi, a parere del G.U.P, circa il fatto che la struttura in questione fosse qualificabile come tettoia e che la costruzione della stessa necessitasse, pertanto, del preventivo rilascio del permesso di costruire.

La giurisprudenza penale e quella amministrativa sono, infatti, concordi nel ritenere che la differenza tra pergolato (opera di edilizia libera) e tettoia (nuova costruzione necessitato del titolo abilitativo)sta nel fatto che, mentre il pergolato costituisce una struttura aperta sia nei lati esterni che nella parte superiore ed è destinato a creare ombra, la tettoia può essere utilizzata anche come riparo ed aumenta l’abitabilità dell’immobile. Più in particolare, la Suprema Corte ha affermato che si definisce“pergolato una struttura aperta sia nei lati esterni che nella parte superiore, realizzata con materiali leggeri, senza fondazioni, di modeste dimensioni e di facile rimozione, la oui finalità è quella di creare ombra mediante piante rampicanti o teli cui offrono sostegno” (così Cass. pen., sez. III, sent. n. 42371 del 12 settembre 2024). Nel caso in esame, la dimensione ed il numero delle travi, il fatto che le stesse siano ancorate sia alla parete verticale del fabbricato che a terra (con conseguente amovibilità tutt’altro che immediata) e l’estensione del manufatto (superiore ai 30 mg) appaiono tutti incompatibili con una qualificazione in termini di pergolato. Deve, pertanto, condividersi l’opinione del consulente del P.M., il quale ha ritenuto che l’opera necessitasse del preventivo rilascio del permesso di costruire e dell’autorizzazione sismica.

Tanto chiarito, bisognava domandarsi se gliimputati – che rivestivano tutti la qualifica di pubblici ufficiali, essendo tutti appartenenti alla Polizia Municipale o (in particolare, il geometra) dipendente dell’ufficio tecnico del Comune – avessero l’obbligo di sottoporre la struttura abusiva a sequestro.

A parere del G.U.P estensore della sentenza, la risposta a tale quesito è negativa.

Ai sensi dell’art. 321 co. 3-bis c.p.p., infatti, “nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell’intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria…”. Dalla lettura della disposizione si comprende, quindi, che i presupposti per l’adozione della misura cautelare reale sono gli stessi sottesi al sequestro del G.I.P., vale a dire il fumus commissi delicti ed il periculum in mora, ai quali si deve aggiungere il requisito dell’urgenza, che non consente di attendere il decreto del G.I.P. o, quanto

meno, del P.M.

Ebbene, se si può affermare che, dal punto di vista oggettivo, era configurabile il fumus, con riferimento al periculum deve osservarsi che la valutazione circa la sussistenza o meno di tale presupposto presenta margini di discrezionalità. In altre parole, il pubblico ufficiale che

nell’effettuare un sopralluogo, individui un’opera abusiva, non ha l’obbligo di sottoporla a sequestro, dovendo valutare se ricorra una situazione tale da fondare il periculum in mora.

Si ricordi che, secondo le coordinate ermeneutiche delineate, il delitto per cui si procede è configurabile solo in presenza di un atto dovuto, da compiersi senza ritardo. Tale presupposto non è integrato nel caso in esame, in cui, anche se gli odierni imputati fossero stati persuasi (e non lo erano: sul punto si tornerà nel prosieguo) della natura abusiva dell’opera in corso di costruzioneavrebbero potuto decidere di non sottoporla a sequestro per carenza del periculum in mora.

La legittimità di tale conclusione è avvalorata dal provvedimento adottato dal G.1.P. nel corso delle indagini preliminari: il giudice, pur ritenendo che il manufatto fosse qualificabile come tettoia, necessitante del permesso di costruire, ha rigettato la richiesta di sequestro del P.M. evidenziando l’insussistenza di un periculum in mora che potesse fondare il vincolo interinale, e ciò non soltanto perché i lavori erano completati ma anche perché l’opera, per le sue caratteristiche, non è tale da stravolgere l’assetto del territorio.

Né si può obiettare che tali considerazioni sono fondate una volta terminati i lavori ma che, mentre la costruzione della tettoia era ancora in corso, sarebbe stato necessario evitare che l’abuso venisse portato a compimento; e invero, il manufatto in questione era pur sempre una tettoia ricadente in un cortile privato, cosicché anche prima del suo completamento era lecito dubitare della necessità dell’immediata apposizione del vincolo in via di urgenza.

In definitiva, l’atto non era dovuto, cosicché non è configurabile la fattispecie oggettiva del delitto ex art. 328 c.p., perché il provvedimento la cui adozione è stata omessa non rientra nell’ambito applicativo del reato, così come delineato.

Anche a voler ritenere che spetti all’A.G. la valutazione circa il corretto esercizio della discrezionalità da parte del pubblico ufficiale si osserva che, se la scelta di non sequestrare è stata operata consapevolmente, i pubblici ufficiali hanno fatto un uso corretto della discrezionalità loro attribuita nella valutazione dei presupposti fondanti il sequestro preventivo d’urgenza, giungendo alla medesima conclusione a cui è pervenuto il G.I.P. circa un anno dopo.

Nel caso in esame deve ritenersi, però, che i pubblici ufficiali abbiano quanto meno dubitato della natura abusiva dell’opera e abbiano, pertanto, escluso in radice la possibilità di apporre il vincolo cautelare per carenza del fumus commissi delicti.

Ciò si desume in maniera chiara dal primo verbale stilato, l’8 febbraio 2020, dagli operanti di pgi quali, evidenziando la necessità di un controllo da parte dei tecnici dell’UTC, hanno diffidato l’imputata dal continuare i lavori.

Non sorprende, del resto, che il personale della Polizia Municipale potesse nutrire dei dubbi circa la corretta qualificazione giuridica del manufatto in corso di costruzione: la mole di pronunce della giurisprudenza amministrativa e penale sui criteri distintivi tra pergolato e tettoia dimostra quanto la differenza tra le due opere possa risultare sfuggente; nel caso in esame, poi, ricorrevano, almeno apparentemente, alcuni degli elementi tipici del pergolato: la struttura in materiale leggero (legno, non cemento armato); l’assenza di fondamenta; la chiusura con un telo in PVC, tutte caratteristiche che potevano deporre nel senso della qualificazione come opera di edilizia libera.

Che fosse arduo attribuire un nomen alla struttura in questione è testimoniato dal fatto che anche il geometra dell’UTC, all’esito del sopralluogo effettuato unitamente alla polizia giudiziaria ha concluso ritenendo che si trattasse di un pergolato: dunque, di un’opera non soggetta ad alcuna preventiva autorizzazione.

“Appare superfluo chiarite che non vi è alcun elemento che deponga nel senso dell’esistenza di un preventivo accordo tra tecnico e P.G. volto a tutelare l’imputata e a consentirle di portare a termine l’abuso. Tenuto conto di ciò, e considerato che anche il geometra del Comune – il quale, in considerazione del suo ruolo, aveva certamente una particolare dimestichezza con la materia urbanistica/edilizia e con i regolamenti comunali – ha errato nel qualificare l’opera, non deve sorprendere che il personale della Polizia Municipale abbia avuto dei dubbi circa il corretto inquadramento della fattispecie, tanto da chiedere fin dal primo momento l’intervento del tecnico comunale” scrive il G.U.P.

La buona fede degli imputati – e, in particolare del Comandante della Polizia Municipale – è definitivamente confermata dalla trasmissione degli atti all’Ufficio di Procura, che dimostra inequivocabilmente l’intenzione di adempiere correttamente al proprio dovere, informando il P.M. circa gli esiti del sopralluogo in modo che questi potesse, se necessario, assumere le opportune iniziative. Particolarmente significativo è che anche il P.M., letta l’informativa trasmessa dalla P.G., abbia iscritto un fascicolo a Mod. 45, poi prontamente archiviato.

In definitiva, a parere del G.U.P estensore della sentenza il complesso degli atti d’indagine – inclusi gli interrogatori degli indagati, che restituiscono un quadro perfettamente coerente con le risultanze esposte – depone nel senso di un errore su un elemento normativo del fatto, tale da incidere sulla corretta rappresentazione della realtà e, conseguentemente, da escludere il dolo.

L’ESITO

Da tali considerazioni è derivata la necessità di emettere da parte del G.U.Psentenza di non luogo a procedere per insussistenza del fatto nei confronti della polizia giudiziaria e del tecnico comunale, dal momento che non era configurabile, dal punto di vista oggettivo, una situazione di fatto che imponesse l’adozione del vincolo cautelare; in ogni caso, dal punto di vista soggettivo, gli imputati non avevano consapevolezza del ricorrere di una situazione che avrebbe consentito (ma comunque non imposto) di procedere al sequestro dell’opera.

In definitiva nei confronti degli imputati (3 unità della Polizia Municipale compreso il Comandante ed il tecnico comunale) è stata emessa sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste.

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