Ancora sulle Commissioni giudicatrici nei concorsi.

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Solo qualche giorno fa abbiamo commentato una interessante decisione del Tar Lombardia n. 44292[i], oggi ritorniamo sull’argomento, questa volta con una decisione del Consiglio di Stato che affronta lo stesso argomento affrontando il caso della composizione della Commissione, in occasione di una selezione interna.

La questione di diritto affrontata è se sia opportuno, così come deciso da Tar Lombardia, che vi siano stati rapporti fra Commissari e candidato.

Come già osservato, nella decisione lombarda, l’avere intrattenuto (sia pure in passato) una relazione sentimentale con una candidata costituisce un presupposto non irragionevole per disporre la revoca della nomina di un commissario, in quanto circostanza (ben diversa dall’ipotesi della mera collaborazione scientifica) astrattamente idonea ad offuscarne l’immagine di indipendenza di giudizio e di terzietà.

Il caso trattato dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez V, 29/10/2014, n. 5341) si riferisce ad un concorso interno i cui due Commissari, oltre a non essere in possesso dei titoli culturali necessari per potere essere qualificati <<esperti nelle materie oggetto del concorso>>, non sarebbero risultati in grado di assicurare la necessaria imparzialità, a causa della partecipazione al concorso di soggetti posti alle loro dipendenze.

La tesi demolitoria riferisce che l’ordinamento amministrativo con tale genere di misure mira ad evitare tutte quelle ipotesi in cui, per circostanze oggettive, vi è il concreto pericolo (ma non necessariamente la certezza, attesa la natura formale della tutela) che possa essere compromessala serenità di giudizio e la natura formale dell’accertamento. Ed è questo il ragionamento seguito dal collegio lombardo.

Così non è per il Consiglio di Stato.

Infatti, secondo la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato, i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa (Sez. VI, n. 4789/2014; Sez. IV, n. 1606/2013; Sez. VI, n. 3850/2014, n. 4015/2014, n. 4858/2012, e  n. 3276/2012).

Più correttamente il principio fondato su un equilibrato contemperamento tra la necessità di assicurare il rispetto del principio di imparzialità dell’attività amministrativa e le altrettanto rilevanti esigenze di certezza, stabilità e buon andamento dell’amministrazione, verrebbero eccessivamente sacrificate se fosse sufficiente ad invalidare gli atti di procedure concorsuali la sola esistenza di rapporti di conoscenza del tipo di quelli presi in esame (in senso negativo) nei precedenti sopra richiamate, in quanto essi possono al più fondare l’iniziativa del commissario di astenersi, mentre un concreto sospetto di non imparziale selezione dei concorrenti è ragionevolmente ravvisabile solo se accompagnato da ulteriori e più specifici elementi tali da evidenziare il rischio di ‘inquinamento’ del giudizio valutativo.

Di conseguenza, se non è provata la presenza di ragioni formali o sostanziali, la composizione della Commissione non può che essere considerata imparziale.

In ultimo, il concetto di “esperto”, implica il possesso di un titolo di studio corrispondente alle materie oggetto delle prove concorsuali ed un’attività professionale che dimostri la competenza specifica dell’esaminatore del concorso in queste, essendo quindi necessario e sufficiente che il membro abbia acquisito una approfondita conoscenza delle materie sulla base delle quali dovrà svolgersi la valutazione della capacità dei concorrenti, alternativamente mediante un’attività professionale accademica o di servizio.

Per concludere, quindi, se da un lato (secondo il Tar Lombardia) ci si deve preoccupare di verificare se il Commissario sia stato anche “compagno di vita”, ma non se sia stato un collega o anche un superiore gerarchico (Consiglio di Stato).

Michele Orlando
 
P.A.sSIAMO


[i] http://www.passiamo.it/site/index.php/giurisprudenza/tar/442-quelle-relazioni-pericolose

 

 

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