Lo spandimento delle acque di vegetazione di frantoi oleari, in violazione delle corrette procedure di utilizzazione agronomica, configura il reato di scarico non autorizzato, ai sensi dell’articolo 137, comma 14, del d.lgs. n. 152/2006 (cd. “Testo Unico dell’Ambiente”), tenuto conto della natura di attività industriale connessa ai frantoi oleari, in quanto destinati alla produzione di beni.
A formulare il principio di diritto sopra evidenziato è la recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III, 12 maggio 2022, n. 18849, per cui lo spandimento dei liquami, tramite un tubo collegato alla vasca, sui terreni confinanti, dà luogo ad uno scarico non autorizzato, a nulla rilevando l’esistenza di un’autorizzazione alla pratica della fertirrigazione, se ed in quanto manchi l’utilizzazione produttiva a fini agronomici dei reflui.
Nel caso di specie, dal sistema di spandimento dell’oleificio, già regolarmente autorizzato, si era verificato un ruscellamento delle acque di vegetazione, che per tale via si riversavano nel fondo del vicino, e da parte di questi sono state in autonomia fatte refluire nell’adiacente canale pubblico di raccolta delle acque.
L’utilizzazione agronomica dei reflui oleari (come le acque di vegetazione derivanti dalla molitura delle olive e le relative sanse umide) è consentita esclusivamente se finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive ammendanti ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, con la conseguenza che deve escludersi che il legislatore abbia in qualche modo inteso favorire lo spandimento o l’abbandono sul terreno come mezzo incontrollato di smaltimento degli stessi.
La pratica della fertirrigazione richiede, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l’adeguatezza di quantità e qualità dei reflui e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo.
Quindi, una volta che si è fuori dall’utilizzazione agronomica (che necessita comunque di un titolo abilitativo: la comunicazione ai sensi dell’articolo 112 del d.lgs. n. 152/2006, ovvero, in alternativa, l’autorizzazione unica ambientale), dovrà necessariamente farsi riferimento alla categoria dei rifiuti, dinanzi ad un sostanziale abbandono incontrollato di acque di vegetazione, laddove le stesse non vengano scaricate mediante canalizzazione diretta verso un corpo ricettore; in caso contrario, alla categoria delle acque reflue, ricorrendo in tale ipotesi il reato di cui all’articolo 137, comma 14, del d.lgs. n. 152/2006, propriocome nel caso scrutinato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza citata.
L’articolo 137, comma 14, stabilisce che chiunque effettui l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione di frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività impartito, è punito con l’ammenda da euro1.500 a euro 10.000 o con fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l’utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.
Non rileva direttamente ai fini dell’argomento trattato, ma ritengo che sia comunque per lo meno opportuno un richiamo. L’articolo 101, comma 7-bis, del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che sono assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Peraltro, al fine di assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, lo scarico di acque di vegetazione in pubblica fognatura è ammesso ove l’ente di governo dell’ambitoe il gestore d’ambito non ravvisino criticità nel sistema di depurazione.
Dalla disposizione emerge che l’assimilazione dei reflui oleari alle acque reflue domestiche:
- opera soltanto ai fini dello scarico in pubblica fognatura;
- non interviene in modo automatico, solo perché si tratti di acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari, risultando invero necessario che ricorrano le numerose condizioni di cui alla seconda parte della norma stessa, il cui solo accertamento consente di sottrarre lo scarico delle acque in esame alla disciplina ordinaria di cui al d. lgs. n. 152/2006 in tema di scarichi industriali.
Naturalmente, nel caso che le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari siano convogliate in un corpo ricettore diverso dalla rete fognaria (ad esempio:sui terreni, in corpi idrici superficiali), le medesime non avranno lo status giuridico di acque reflue assimilate alle domestiche, bensì quello di acque reflue industriali, ai sensi dell’articolo 74, comma 1, lett. h), del d.lgs. n. 152/2006. Con tutto quanto ne consegue anche per la disciplina autorizzatoria e sanzionatoria.