Il mancato versamento al Comune della “Tassa” di soggiorno sebben riscossa dall’albergatore o altro gestore di attività extralberghera.

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L’imposta di soggiorno è stata istituita con il D. Lgs. del 14 marzo 2011, n. 23 in “materia di federalismo Fiscale Municipale”

È un tributo locale dovuto dagli ospiti che alloggiano nelle strutture ricettive di un  Comune. L’albergatore riscuote dall’ospite il contributo e provvede a versarlo periodicamente all’ente pubblico.

L’imposta è finalizzata a finanziare:

  • interventi in materia di turismo (anche quelli a sostegno delle strutture ricettive)
  • interventi di manutenzione
  • recupero dei beni culturali ed ambientali locali
  • relativi servizi pubblici locali

Alcuni recenti interventi legislativi concernenti la cosiddetta imposta di soggiorno, nota anche come “tassa di soggiorno”,  hanno definitivamente chiarito che non costituisce più reato l’omesso versamento di tale tassa da parte dell’albergatore. La depenalizzazione vale anche per le condotte passate, anche qualora già contestate.

Sino al 2020, in quanto mero “agente contabile”, l’albergatore era inquadrato come “incaricato di pubblico servizio” e il mancato versamento dell’imposta di soggiorno poteva dare spunto a una contestazione penale (a carico del gestore) per il delitto di peculato (art. 314 c.p.), che prevede la pena da un minimo di 4 anni sino a un massimo di 10 anni e 6 mesi di reclusione.

Tale situazione è stata modificata  dall’intervento legislativo  del  2020 (D. L. 34/2020, convertito nella L. 77/2020) che ha fatto superare lo status di “agente contabile”, dell’ albergatore ( o gestore di altra attività extralberghiera) e  viene ora inquadrato come “sostituto di imposta” e tale modifica porta con sé la conseguente depenalizzazione dell’omesso versamento della tassa di soggiorno.

Le condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno vengono così punite solamente con una sanzione amministrativa (30%per ogni importo non versato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 del D. Lgs. 471/1997).

Da ultimo,  il D. L. 146/2021 ha chiarito che la depenalizzazione del mancato versamento dell’imposta di soggiorno vale anche per i fatti anteriori al 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del richiamato D. L. 34/2020).

Si segnala sull’argomento una diversa interpretazione della sentenza cass, pen. sez. VI, n. 36317_2020 del 17.12.2020, successiva al D.L. 34/2020.    L’interpretazione fornita dalla giurisprudenza sulla responsabilità penale del gestore della struttura ricettiva di cui alla sentenza del 2020 ribadisce che  Il rapporto intercorrente tra il Comune ed il gestore va inquadrato comunque  nell’ambito dei generali principi in materia di maneggio di denaro pubblico.   il rapporto tributario intercorre  esclusivamente tra il Comune – come soggetto attivo – e colui che alloggia nella struttura ricettiva – il soggetto passivo – mentre nulla è  previsto in ordine al gestore della struttura, con cui il Comune non si rapporta  come soggetto del rapporto tributario, bensì quale destinatario giuridico delle somme incassate dal gestore a titolo di imposta di soggiorno, nell’ambito di una relazione completamente avulsa dal rapporto tributario, sebbene ad esso funzionalmente orientata e correlata.

La sentenza presta il fianco a due censure:

  • divieto di analogia in malam partem, estendendo in senso negativo la platea dei soggetti destinatari di un reato proprio (ricomprendendo nel reato di peculato i “gestori dell’attività ricettiva”;
  • contrasto con il principio di legalità e di tassatività, in quanto il Decreto Legislativo in questione non contiene alcun richiamo alla fattispecie penale, né – tantomeno – a sanzioni di natura penale (reclusione/arresto e/o multa/ammenda).
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